Apnee notturne e rischio cardiovascolare
In Italia ne soffrirebbero 2 milioni di persone, ovvero il 4% della popolazione maschile fra i 30 e i 60 anni e il 2% di quella femminile. Se il riferimento è la popolazione ultrasessantenne la percentuale sale assestandosi all’11%. Stiamo parlando della sindrome delle apnee notturne. Più comune nel sesso maschile questo disturbo si ripercuote sulla vita quotidiana con un eccesso di sonnolenza.
Andare in apnea durante il sonno dunque è un disturbo diffuso, ma cosa significa? Si tratta dell’interruzione della respirazione o del suo eccessivo rallentamento durante le ore di sonno. L’attività respiratoria può bloccarsi per un tempo che passa da una manciata di secondi ad alcuni minuti e solitamente si possono verificare anche più di una trentina di blocchi in un’ora. Dopo questi black-out la situazione ritorna alla normalità e la respirazione riprende solitamente accompagnata da un sonoro russare.
A causa delle apnee il sonno risulta disturbato perché viene interrotto nella sua parte più profonda e rigeneratrice e per questo la qualità del riposo risulta compromessa. Nonostante la diffusione, la sua diagnosi è molto difficile, spesso infatti chi ne soffre non ne è consapevole e generalmente ne viene a conoscenza attraverso la testimonianza del partner.
Apnea notturna: Tipi
Le apnee del sonno possono essere di due tipi:
Apnea ostruttiva: maggiormente diffusa si verifica per un’occlusione delle vie aeree. Solitamente questa tipologia di apnea è associata ad un forte russamento proprio perché l’aria ha un passaggio difficoltoso. La sua presenza aumenta nei pazienti sovrappeso, ma si può riscontrare anche in età pediatrica, ad esempio in presenza di tonsillite. Le Apnee Ostruttive sono correlate ad alterazioni anatomiche o funzionali delle profonde vie aeree, ma anche a dismorfismi cranio-facciali.
Apnea centrale: si tratta di un tipo di apnea con una diffusione limitata. La sua presenza infatti è associata a particolari patologie o all’assunzione di farmaci specifici. A causarla è un deficit cerebrale nella zona preposta al controllo della respirazione. La mancata capacità di gestione dei muscoli infatti fa scordare all’organismo di respirare provocando così l’apnea. Questa tipologia di apnea è spesso presente nelle persone con scompenso cardiaco o lesioni cerebrali e non è solitamente associata al russare.
L’esame diagnostico più accurato per confermare la presenza della Sindrome delle Apnee notturne è la polisonnografia. Durante questo test vengono registrati i parametri vitali del paziente nelle ore di sonno e tali registrazioni permettono al personale medico di diagnosticare di quale tipo di apnea si soffra, di rilevare le alterazioni del ritmo cardiaco e i conseguenti sbalzi nella saturazione sanguigna. Il test è in grado di fornire una prima diagnosi e stabilire la gravità della situazione.
Le apnee notturne: un super lavoro per il cuore
Durante le fasi NON-REM, cioè per circa l’80% dell’intero ciclo del sonno, l’apparato cardiocircolatorio diminuisce copiosamente il proprio lavoro: il cuore rallenta i propri battiti, la pressione si abbassa e la quantità di ossigeno destinata al cuore diminuisce. La sindrome delle apnee ostruttive del sonno rivoluziona questa quiete del corpo facendo seguire al momento dell’apnea un brusco risveglio dell’apparato cardiocircolatorio. Questo super lavoro notturno lascia il segno, così chi soffre di tale disturbo soffrirà di sonnolenza diurna, deficit nella capacità di concentrazione, apatia o irritabilità. Elementi che sfociano in un’alterazione dei rapporti sociali, in primis in area familiare.
Esiste inoltre una relazione fra Sindrome delle apnee ostruttive del sonno e complicanze cardiovascolari e cerebrovascolari. Chi soffre di tale disturbo in forma moderata o grave vede aumentare di cinque volte, rispetto ad un soggetto sano, la possibilità di incorrere in un incidente cardiovascolare e vede raddoppiare la possibilità di un decesso improvviso durante le ore notturne.
Le apnee notturne possono causare pressione alta e disfunzione diastolica
Il 60% dei soggetti che hanno apnee di tipo ostruttivo durante la notte soffrono di pressione alta. Il trattenere il respiro infatti comporta un’anomala diminuzione dell’ossigeno nel sangue che scatena una produzione di ormoni con il compito di alzare la pressione sanguigna fino a provocare ipertensione grave e addirittura edema polmonare.
È stato inoltre accertato che la metà dei casi di grave sindrome delle apnee notturne presentava un ingrandimento del ventricolo sinistro del cuore, difformità presente anche nel 30% dei pazienti con una sindrome di media gravità. Anche il ventricolo destro viene coinvolto nel processo appena descritto. È infatti stato osservato il suo ingrandimento causato dal restringimento delle arteriole polmonari e ad un incremento di sangue durante l’apnea.
L’ispessimento degli alveoli polmonari e la conseguente difficoltà di circolazione dell’ossigeno e l’aumento della massa muscolare del ventricolo sinistro possono portare ad un’alterazione della diastole: una possibilità questa riscontrata nel 40% dei pazienti con Sindrome delle apnee ostruttive in cui emerge un rilasciamento ventricolare alterato. Negli istanti in cui il respiro viene trattenuto si innesca anche un altro meccanismo compensatorio: la pressione intratoracica diminuisce, il sangue nel ventricolo destro aumenta e la parete mediale del cuore si sposta nel ventricolo sinistro impedendone il completo riempimento.
Ischemia miocardica ed Aterosclerosi
Episodi notturni di angina associati (ma anche indipendenti) a sottoslivellamento silente del tratto ST, si riscontrano nel 20% dei pazienti con Sindrome delle Apnee ostruttive notturne. A scatenare tali scompensi è la contraddizione fra la diminuzione di ossigeno nel sangue, provocata dal trattenimento del respiro, e contemporaneamente l’aumento del consumo di ossigeno da parte del miocardio, scatenato dall’attrito esistente tra il sangue e le pareti dei vasi in cui circola e dall’eccessiva attività cardiaca.
Alla presenza della Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno sono associati alcuni fattori di rischio coronarico che incidono sulla aterosclerosi quali: diabete (15%), aumento dei grassi nel sangue e obesità (60%) e alterazione della normale funzione endoteliale. Ciò che è importante sottolineare è la relazione fra sindrome delle apnee ostruttive e il rischio di aterosclerosi: di non semplice associazione, tale rapporto deve essere visto come una relazione causa effetto. L’interruzione continua del sonno porta l’organismo a secernere proteine per la difesa immunitaria, come ad esempio quelle necessarie alla creazione di cellule atte a combattere i processi infiammatori e immunitari dell’organismo, e innesca processi di tipo metabolico.
Le apnee notturne possono causare aritmie
L’irregolarità del battito cardiaco causata dalla Sindrome delle apnee notturne di tipo ostruttivo può rappresentare per il 2,50% dei soggetti affetti un rischio di morte improvvisa, questo perché durante il trattenimento della respirazione l’ipertono del vago favorisce la diminuzione della frequenza cardiaca e a pause atrioventricolari, mentre l’ipertono del sistema simpatico che si presenta immediatamente dopo rende più facile l’arrivo di fibrillazione atriale parossistica, ma anche extra sistole del ventricolo e tachicardia. Secondo alcune recenti scoperte scientifiche l’utilizzo di un pacemaker sarebbe in grado di prevenire l’insorgere di tali problematiche.
Scompenso Cardiaco
Alcuni recenti lavori scientifici hanno evidenziato come oltre la metà (51%) delle persone con scompenso cardiaco soffrano anche di Apnea ostruttiva durante il sonno. I soggetti che presentano entrambe queste patologie hanno una sopravvivenza ridotta rispetto a coloro i quali soffrono singolarmente di tale deficit del cuore. La diminuzione di ossigeno infatti porta alla presenza massiccia di catecolamine, tale aspetto aumenta il rischio di edema polmonare e di un eccesso di attività cardiaca elettrica, due elementi massicciamente dannosi nei pazienti con un sistema cardiocircolatorio già provato da patologia.
Rimedi per l’ apnea notturna
È stato dimostrato che una riduzione del 10% del peso corporeo influenza in maniera positiva l’indice di apnea-ipoapnea. Il dimagrimento dunque rappresenta la prima terapia da intraprendere per ridurre gli stati di sospensione del respiro durante il sonno.
Un altro accorgimento rivelatosi molto utile ai pazienti è il controllo della postura durante il riposo. Un significativo beneficio infatti arriverebbe loto dal dormire su un fianco, scartando invece la posizione supina.
Vi sono inoltre anche una serie di rituali che andrebbero osservati da chi vuole ridurre la sindrome respiratoria, si tratta di una serie di gesti che aiutano il riposo notturno. Fra questi per esempio un ruolo fondamentale riveste il consumo di alcolici: evitarli prima di coricarsi infatti impedisce che questi agiscano sul tono muscolare delle prime vie aeree riducendolo e lasciando così maggiore spazio all’ insorgere di apnee. Anche il fumo è in prezioso alleato delle apnee ed evitarlo rappresenta un’ottima scelta. Infine cercare di creare, per quanto possibile, una routine del sonno mantenendo una certa regolarità negli orari di sveglia e di ritiro.
La chirurgia per l’ apnea notturna
Per i casi di sospensione del respiro notturno, così come per quelli di rallentamento della frequenza respiratoria, che abbiamo fino a qui visto la chirurgia rappresenta un possibile alleato. Infatti la sua funzione correttiva è utile nella correzione di irregolarità anatomiche o di difformità di carattere ostruttivo delle vie aeree superiori. Interventi assai praticati sono quelli per ridurre il palato molle, per correggere la deviazione del setto nasale negli adulti e la tonsillectomia molto frequente nei bambini.